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.Non creda donna Berta e ser Martino,per vedere un furare, altro offerere,141 vederli dentro al consiglio divino;ché quel può surgere, e quel può cadere».322CANTO XIV[Canto XIV, nel quale Salamone solve alcuna cosa dubitata; e montasi ne la stella diMarte.La quinta parte comincia qui.]Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centromovesi l'acqua in un ritondo vaso,3 secondo ch'è percosso fuori o dentro:ne la mia mente fé sùbito casoquesto ch'io dico, sì come si tacque6 la glorïosa vita di Tommaso,per la similitudine che nacquedel suo parlare e di quel di Beatrice,9 a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:«A costui fa mestieri, e nol vi dicené con la voce né pensando ancora,12 d'un altro vero andare a la radice.Diteli se la luce onde s'infioravostra sustanza, rimarrà con voi15 etternalmente sì com' ell' è ora;e se rimane, dite come, poiche sarete visibili rifatti,18 esser porà ch'al veder non vi nòi».Come, da più letizia pinti e tratti,a la fïata quei che vanno a rota21 levan la voce e rallegrano li atti,così, a l'orazion pronta e divota,li santi cerchi mostrar nova gioia24 nel torneare e ne la mira nota.Qual si lamenta perché qui si moiaper viver colà sù, non vide quive27 lo refrigerio de l'etterna ploia.Quell' uno e due e tre che sempre vivee regna sempre in tre e 'n due e 'n uno,30 non circunscritto, e tutto circunscrive,tre volte era cantato da ciascunodi quelli spirti con tal melodia,33 ch'ad ogne merto saria giusto muno.E io udi' ne la luce più diadel minor cerchio una voce modesta,36 forse qual fu da l'angelo a Maria,risponder: «Quanto fia lunga la festadi paradiso, tanto il nostro amore39 si raggerà dintorno cotal vesta.323La sua chiarezza séguita l'ardore;l'ardor la visïone, e quella è tanta,42 quant' ha di grazia sovra suo valore.Come la carne glorïosa e santafia rivestita, la nostra persona45 più grata fia per esser tutta quanta;per che s'accrescerà ciò che ne donadi gratüito lume il sommo bene,48 lume ch'a lui veder ne condiziona;onde la visïon crescer convene,crescer l'ardor che di quella s'accende,51 crescer lo raggio che da esso vene.Ma sì come carbon che fiamma rende,e per vivo candor quella soverchia,54 sì che la sua parvenza si difende;così questo folgór che già ne cerchiafia vinto in apparenza da la carne57 che tutto dì la terra ricoperchia;né potrà tanta luce affaticarne:ché li organi del corpo saran forti60 a tutto ciò che potrà dilettarne».Tanto mi parver sùbiti e accortie l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!»,63 che ben mostrar disio d'i corpi morti:forse non pur per lor, ma per le mamme,per li padri e per li altri che fuor cari66 anzi che fosser sempiterne fiamme.Ed ecco intorno, di chiarezza pari,nascere un lustro sopra quel che v'era,69 per guisa d'orizzonte che rischiari.E sì come al salir di prima seracomincian per lo ciel nove parvenze,72 sì che la vista pare e non par vera,parvemi lì novelle sussistenzecominciare a vedere, e fare un giro75 di fuor da l'altre due circunferenze.Oh vero sfavillar del Santo Spiro!come si fece sùbito e candente78 a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!Ma Bëatrice sì bella e ridentemi si mostrò, che tra quelle vedute81 si vuol lasciar che non seguir la mente.Quindi ripreser li occhi miei virtutea rilevarsi; e vidimi translato84 sol con mia donna in più alta salute.324Ben m'accors' io ch'io era più levato,per l'affocato riso de la stella,87 che mi parea più roggio che l'usato.Con tutto 'l core e con quella favellach'è una in tutti, a Dio feci olocausto,90 qual conveniesi a la grazia novella.E non er' anco del mio petto essaustol'ardor del sacrificio, ch'io conobbi93 esso litare stato accetto e fausto;ché con tanto lucore e tanto robbim'apparvero splendor dentro a due raggi,96 ch'io dissi: «O Elïòs che sì li addobbi!».Come distinta da minori e maggilumi biancheggia tra ' poli del mondo99 Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;sì costellati facean nel profondoMarte quei raggi il venerabil segno102 che fan giunture di quadranti in tondo.Qui vince la memoria mia lo 'ngegno;ché quella croce lampeggiava Cristo,105 sì ch'io non so trovare essempro degno;ma chi prende sua croce e segue Cristo,ancor mi scuserà di quel ch'io lasso,108 vedendo in quell' albor balenar Cristo.Di corno in corno e tra la cima e 'l bassosi movien lumi, scintillando forte111 nel congiugnersi insieme e nel trapasso:così si veggion qui diritte e torte,veloci e tarde, rinovando vista,114 le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,moversi per lo raggio onde si listatalvolta l'ombra che, per sua difesa,117 la gente con ingegno e arte acquista.E come giga e arpa, in tempra tesadi molte corde, fa dolce tintinno120 a tal da cui la nota non è intesa,così da' lumi che lì m'apparinnos'accogliea per la croce una melode123 che mi rapiva, sanza intender l'inno.Ben m'accors' io ch'elli era d'alte lode,però ch'a me venìa «Resurgi» e «Vinci»126 come a colui che non intende e ode.Ïo m'innamorava tanto quinci,che 'nfino a lì non fu alcuna cosa129 che mi legasse con sì dolci vinci.325Forse la mia parola par troppo osa,posponendo il piacer de li occhi belli,132 ne' quai mirando mio disio ha posa;ma chi s'avvede che i vivi suggellid'ogne bellezza più fanno più suso,135 e ch'io non m'era lì rivolto a quelli,escusar puommi di quel ch'io m'accusoper escusarmi, e vedermi dir vero:138 ché 'l piacer santo non è qui dischiuso,perché si fa, montando, più sincero.326CANTO XV[Canto XV, nel quale messere Cacciaguida fiorentino parla laudando l'antico costume diFiorenza, in vituperio del presente vivere d'essa cittade di Fiorenza.]Benigna volontade in che si liquasempre l'amor che drittamente spira,3 come cupidità fa ne la iniqua,silenzio puose a quella dolce lira,e fece quïetar le sante corde6 che la destra del cielo allenta e tira.Come saranno a' giusti preghi sordequelle sustanze che, per darmi voglia9 ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?Bene è che sanza termine si dogliachi, per amor di cosa che non duri12 etternalmente, quello amor si spoglia
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