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.Tutto sommato, fu ungrosso peccato che Tacito si piccasse di storia.Avesse avuto le ambizionidel romanziere, sarebbe stato meglio per lui e per noi.Meno geniale e colorito, ma più circostanziato e attendibile, è il ritrattoche della società di quel tempo ci ha lasciato Plinio il Giovane, un gransignore che ebbe tutte le fortune, comprese quelle di uno zio ricco che glilasciò il nome e il patrimonio, di una eccellente educazione, di una moglievirtuosa (che per quei tempi doveva essere una rarità) e di un buon carattereche gli faceva vedere il lato bello di tutto e di tutti.Era insomma nellatradizione di Attico: quella dei gentlemen.Era nato a Como, e naturalmentedebuttò come avvocato.Tacito gli propose di dividere con lui l'onere el'onore dell'accusa contro Mario Prisco, funzionario incriminato dimalversazioni e crudeltà.Plinio accettò.Ma invece di pronunciareun'arringa contro l'imputato, pronunciò un elogio esclamativo, lungo dueore, del suo collega, che, quando fu il suo turno, lo ricambiò (e Prisco, nellagabbia, doveva frattanto fregarsi le mani nel sentirsi completamentedimenticato).Gli diedero alcuni incarichi.Li assolse tutti con diligenza e onestà.Maparticolarmente brillò in quelli diplomatici, per i quali lo prescelse Traiano,gran conoscitore di uomini.La sua qualità fondamentale infatti era il "tatto".Basta leggere la lettera che scrisse al suo vecchio precettore Quintiliano, ilgran giurista, per scusarsi di non potergli dare più di cinquantamila sesterzi(qualcosa come tre milioni di lire) per la dote di sua figlia: sembra chechieda un favore, invece di offrire un'elemosina.Quando lo mandavano perqualche ambasceria o ispezione, rifiutava stipendio, trasferte e diaria, siriempiva le valigie di regali per le mogli dei governatori, dei generali e deiprefetti che avrebbe incontrato per strada, e si portava al seguito, pagandolodi tasca propria, qualcuno con cui parlare di letteratura: Svetonio, ingenerale, perché aveva un debole per lui.Siccome, con quella mania cheaveva di scrivere lettere a tutti, manteneva i "contatti" (ch'è sempre stata unagran furberia in tutti i tempi), gl'inviti, dovunque arrivasse, gli grandinavanosulla testa.Rispondeva sempre per iscritto: Accetto il tuo invito a pranzo,amico, ma a patto che mi congedi presto e mi tratti frugalmente.Cheintorno alla tavola s'intreccino filosofici conversari, ma anche di quelligodiamo con moderazione.Con moderazione: ecco la sua etica, la sua estetica e la sua dietetica.Plinio fece tutto con moderazione: anche l'amore.E di tutto con mo-derazione parlò nelle sue lettere descrittive all'imperatore, ai colleghi, aiparenti, ai clienti, che sono quanto di meglio ci resta di lui e costituiscono latestimonianza forse più preziosa di quella società e dei suoi costumi.CAPITOLO NONOADRIANOSi prova, lo confessiamo, qualche riluttanza ad ammettere che un episodiocosì fausto come l'avvento al trono del più grande imperatore dell'antichitàfosse dovuto a una coincidenza banale e piuttosto sudicia come l'adulterio.Eppure, Dione Cassio ci da per certo che Adriano fu qualificato a prendere ilposto di Traiano, morto senza designare eredi, da un titolo solo: quello diamante della moglie di costui, Plotina.Ai "si dice" bisogna far credito fino a un certo punto, specie in fatto dicorna.Ma, certo, Plotina almeno una mano per incoronarlo, a Adriano ladiede.Erano zia e nipote, ma non di sangue, eppoi le parentele a Roma nonavevano mai impedito nessun amore.Traiano e Adriano erano compaesani,perché nati nella stessa città di Spagna, Italica.E il secondo, che portavaquel nome perché la sua famiglia veniva da Adria ed era di ventiquattr'annipiù giovane, venne a Roma chiamatovi dal primo, ch'era amico di casa e suotutore.Era un ragazzo pieno di vita, di curiosità e d'interessi, che studiavatutto con fervore: matematica, musica, medicina, filosofia, letteratura,scultura, geometria, e imparava presto.Traiano gli diede in moglie suanipote Vivia Sabina.Fu un matrimonio rispettabile e ghiaccio, dal quale nonnacquero né amore né figli.Sabina, statuariamente bella ma priva di sexappeal, si lamentava a mezza voce del fatto che suo marito avesse più tempoper i cani e i cavalli che per lei.Adriano la conduceva con sé nei suoi viaggi,la colmava di cortesie, licenziò il proprio segretario Svetonio perché ungiorno parlò di lei poco rispettosamente, ma di notte dormiva solo.Aveva quarant'anni appena quando salì sul trono, e il suo primo gesto fuquello di chiudere rapidamente le pendenze militari lasciate da Traiano.Erasempre stato contrario alle imprese guerresche del suo tutore.E, presone ilposto, si affrettò a ritirare gli eserciti dalla Persia e dall'Armenia, con granmalumore dei loro comandanti, i quali pensavano che una strategia pura-mente difensiva fosse l'inizio della morte per l'Impero o la fine dellacarriera, delle medaglie e delle "diarie" per loro.Non si è mai saputo conesattezza come avvenne che quattro di questi comandanti, i più valorosi eautorevoli, venissero di lì a poco soppressi senza processo.Adriano era sulDanubio in quel momento a cercarvi una soluzione definitiva coi daci, cheescludesse ulteriori conflitti.Si precipitò a Roma, e il Senato si assunse tuttele responsabilità dell'eliminazione, dicendo che i generali si erano macchiatidi complotto contro lo stato.Ma nessuno credette all'innocenza di Adriano,che se la comprò distribuendo ai cittadini un miliardo di sesterzi, liberandolidai debiti col fisco e divertendoli per intere settimane con magnificispettacoli nel Circo
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