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.Qualcuno fraquelli rimasti in piedi, dietro coloro che avevano avutola fortuna di trovare una seggiola, si sospingeva per in-travedere ancora la propria posta, prima che i rastrellidei croupiers si allungassero ad arraffarla.La boule, alla fine, cadeva sul quadrante, e il croupierripeteva con la solita voce la formula d uso e annunziavail numero sortito e il colore.Arrischiai la prima posta di pochi scudi sul tavolieredi sinistra nella prima sala, così, a casaccio, sul venticin-que; e stetti anch io a guardare la perfida pallottola, masorridendo, per una specie di vellicazione interna, curio-sa, al ventre.Cade la boule sul quadrante, e: Vingtcinq!  annunzia il croupier. Rouge, impair etpasse!Avevo vinto! Allungavo la mano sul mio mucchiettomultiplicato, quanto un signore, altissimo di statura, dale spalle poderose troppo in sù, che reggevano una pic-cola testa con gli occhiali d oro sul naso rincagnato, lafronte sfuggente, i capelli lunghi e lisci su la nuca, trabiondi e grigi, come il pizzo e i baffi, me la scostò senzatante cerimonie e si prese lui il mio denaro.Nel mio povero e timidissimo francese, volli fargli no-tare che aveva sbagliato  oh, certo involontariamente!Era un tedesco, e parlava il francese peggio di me, macon un coraggio da leone: mi si scagliò addosso, soste-nendo che lo sbaglio invece era mio, e che il denaro erasuo.Mi guardai attorno, stupito: nessuno fiatava, neppureil mio vicino che pur mi aveva veduto posare quei pochiscudi sul venticinque.Guardai i croupiers: immobili, im-Letteratura italiana Einaudi 57 Luigi Pirandello - Il fu Mattia Pascalpassibili, come statue.«Ah sì?» dissi tra me e, quieta-mente, mi tirai su la mano gli altri scudi che avevo posa-to sul tavolino innanzi a me, e me la filai.«Ecco un metodo, pour gagner à la roulette,» pensai,«che non è contemplato nel mio opuscolo.E chi sa chenon sia l unico, in fondo!»Ma la fortuna, non so per quali suoi fini segreti, volledarmi una solenne e memorabile smentita.Appressatomi a un altro tavoliere, dove si giocava for-te, stetti prima un buon pezzo a squadrar la gente che vistava attorno: erano per la maggior parte signori in mar-sina; c eran parecchie signore; più d una mi parve equi-voca; la vista d un certo ometto biondo biondo, dagliocchi grossi, ceruli, venati di sangue e contornati da lun-ghe ciglia quasi bianche, non m affidò molto, in prima;era in marsina anche lui, ma si vedeva che non era solitodi portarla: volli vederlo alla prova: puntò forte: perdet-te; non si scompose: ripuntò anche forte, al colpo se-guente: via! non sarebbe andato appresso ai miei quat-trinucci.Benché, di prima colta, avessi avuto quellascottatura, mi vergognai del mio sospetto.C era tantagente là che buttava a manate oro e argento, come fosse-ro rena, senza alcun timore, e dovevo temere io per lamia miseriola?Notai, fra gli altri, un giovinetto, pallido come di cera,con un grosso monocolo all occhio sinistro il quale affet-tava un aria di sonnolenta indifferenza; sedeva scompo-stamente; tirava fuori dalla tasca dei calzoni i suoi luigi;li posava a casaccio su un numero qualunque e, senzaguardare, pinzandosi i peli dei baffetti nascenti aspetta-va che la boule cadesse; domandava allora al suo vicinose aveva perduto.Lo vidi perdere sempre.Quel suo vicino era un signore magro, elegantissimo,su i quarant anni; ma aveva il collo troppo lungo e graci-le, ed era quasi senza mento, con un pajo d occhietti ne-Letteratura italiana Einaudi 58 Luigi Pirandello - Il fu Mattia Pascalri, vivaci, e bei capelli corvini, abbondanti, rialzati sulcapo.Godeva, evidentemente, nel risponder di sì al gio-vinetto.Egli, qualche volta, vinceva.Mi posi accanto a un grosso signore, dalla carnagionecosì bruna, che le occhiaje e le palpebre gli apparivanocome affumicate; aveva i capelli grigi, ferruginei, e il piz-zo ancor quasi tutto nero e ricciuto; spirava forza e salu-te; eppure, come se la corsa della pallottola d avorio glipromovesse l asma, egli si metteva ogni volta ad arran-golare, forte, irresistibilmente.La gente si voltava aguardarlo; ma raramente egli se n accorgeva: smettevaallora per un istante, si guardava attorno, con un sorrisonervoso, e tornava ad arrangolare, non potendo farne ameno, finché la boule non cadeva sul quadrante.A poco a poco, guardando, la febbre del giuoco preseanche me.I primi colpi mi andarono male.Poi comin-ciai a sentirmi come in uno stato d ebbrezza estrosa cu-riosissima: agivo quasi automaticamente, per improvvi-se, incoscienti ispirazioni; puntavo, ogni volta, dopo glialtri, all ultimo, là! e subito acquistavo la coscienza, lacertezza che avrei vinto; e vincevo.Puntavo dapprimapoco; poi, man mano, di più, di più, senza contare.Quella specie di lucida ebbrezza cresceva intanto in me,né s intorbidava per qualche colpo fallito, perché mi pa-reva d averlo quasi preveduto; anzi, qualche volta, dice-vo tra me: «Ecco, questo lo perderò; debbo perderlo».Ero come elettrizzato.A un certo punto, ebbi l ispira-zione di arrischiar tutto, là e addio; e vinsi.Gli orecchimi ronzavano; ero tutto in sudore, e gelato.Mi parveche uno dei croupiers come sorpreso di quella mia tena-ce fortuna, mi osservasse.Nell esagitazione in cui mitrovavo, sentii nello sguardo di quell uomo come unasfida, e arrischiai tutto di nuovo, quel che avevo di mio equel che avevo vinto, senza pensarci due volte: la manomi andò su lo stesso numero di prima, il 35; fui per ri-trarla; ma no, lì, lì di nuovo, come se qualcuno mel avesse comandato [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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